Dalle protesi alla Formula 1 con i micro-sensori Rfid
Senza fili e batterie, capaci di raccogliere e inviare dati
Possono essere inserite nelle protesi ossee così come in un cuscinetto a sfera di una Formula 1 o per monitorare la maturazione di un avocado: sono tanti modi per sfruttare una nuova tipologia di innovativi micro-sensori Rain Rfid che non hanno bisogno di batterie e comunicano senza fili. Una frontiera di applicazioni presentata in occasione della conferenza organizzata dalla Società Italiana di Elettromagnetismo Siem in svolgimento a Viareggio. "Quando si impianta una protesi ossea possono verificarsi reazioni da parte del corpo, in particolare infiammazioni e poterle identificare rapidamente è molto importante", ha detto Carolina Miozzi, dello spinoff Radio6ense nato dall'Università di Tor Vergata. Uno degli indicatori più importanti è la temperatura nei siti di contatto tra la protesi, una sorta di sbarra metallica, e l'osso. "Senza modificare nulla della protesi riusciamo a inserire dei microscopici sensori, inferiori al millimetro, capaci di sfruttare la protesi stessa, metallica, per misurare la temperatura e darci le informazioni necessarie", ha aggiunto Miozzi. I sensori non hanno batterie ma funzionano in modo continuativo perché sfruttano una versione evoluta dei tradizionali Rfid: di fatto si attivano quando vengono 'illuminati' da un fascio di energia in arrivo dall'esterno, energia che permette ai sensori di rispondere e inviare i dati a un'antenna all'esterno che li può ricevere. Stessa tecnologia trova applicazione in moltissimi altri settori, ad esempio dove si vogliono dati continui ma non è possibile mettere sensori che hanno bisogno di essere collegati con fili. E' il caso dei cuscinetti a sfera di un motore elettrico usato dalla Ferrari in Formula 1, di fatto una sorta di sensore Rfid ad anello posto sul cuscinetto che può così funzionare senza che il sensore provochi disturbi. A pochi centimetri un'antenna 'illumina' il sensore dandogli energia e ricevendo le informazioni. Oppure nella catena alimentare, ad esempio per la filiera dell'avocado. Frutti che vengono colti ancora non maturi, congelati, trasportati e poi fatti maturare in camere speciali. "Ma determinare il giusto grado di maturazione non è banale e occorre monitorare una serie di parametri, con queste tecnologie - ha concluso Miozzi - abbiamo dimostrato di poter semplificare queste analisi".
M.Arya--BD